[ null’altro che un paio di scarpe]
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Schapiro - …davvero pochi altri avrebbero potuto dedicare un’intera tela solo alle proprie calzature.[1]
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Ma in quali condizioni generali si poteva concepire in pittura una intera tela dedicata solo a delle scarpe?
La solitudine nel null’altro del loro mero esserci ritengo si chiarisca meglio (non certo interamente) tenendo presente il paradigma che oramai aveva preso a coniugarsi con tutte le cose del secolo: quello di essere semplici merci (se almeno questa ‘semplicità’ della merce fosse stata davvero semplice da raggiungere per la pittura![2]). Considerata in questa semplicità dal punto di vista economico, ‘merce’ è una categoria tanto moderna quanto lo sono i rapporti che producono questa semplice astrazione…[3] E i rapporti che hanno generato questa semplice astrazione sono quelli determinati sulle basi dello sviluppo del moderno capitalismo industriale, non certo su quelli della declinante produzione agricola. So cosa state dicendo a voi stessi: gira gira un certo tipo di pensiero si porta sempre dietro le proprie categorie fisse, abituali, ordinarie e del tutto prevedibili. Capitale, salario e, naturalmente, il mercato e la merce… Di tanto in tanto anche la filosofia, quando non vuol far discorsi filosofici, si ritrova lei pure nel mondo reale, da descrivere con l’ordinarietà che si merita: “Il quadro pende dalla parete allo stesso modo di un fucile da caccia o di un cappello”[4], dice semplicemente Heidegger. Ma il quadro, il cappello o il fucile per pendere devono prima essere (stati) appesi… e la loro comune modalità del pendere è affidata ad un ordinario chiodo. Provate infatti voi a far pendere dalla parete un fucile da caccia, un cappello o anche un quadro astraendo dalla legge di gravità - ossia senza contrastarla con un comune chiodo infisso nella parete - e otterrete semplicemente un tonfo. E’ forse per mancanza di originalità e per riguardo ad una “idea fissa” che neppure il filosofo riesce ad emancipare il pendere del quadro dalla vecchia e quotidiana legge di gravità? Persino la metafisica quando scende sulla terra si adatta, quasi senza accorgersene, alle convenzioni fisiche e sociali ed enuncia placidamente che “un quadro, ad esempio quello di Van Gogh che rappresenta un paio di scarpe da contadino, passa da una esposizione all’altra”.[5] Come spesso avviene si parte da un risultato bell’e fatto; così com’è bello e fatto questo semplice passare del quadro da un’esposizione all’altra. Provate infatti voi ad esporre un vostro quadruccio sulle pareti dei saloni del Louvre o nelle sale d’asta di Christie's e vedrete che la legge del valore agirà sul vostro quadruccio (non meno che sul vostro spirito) esattamente nella stessa ineluttabile maniera con cui la legge di gravità si è fatta valere per la mancanza di un chiodo. D’altra parte l’intrusione della merce in questo discorso sull’opera d’arte non è per niente arbitraria se lo stesso Heidegger riferisce che “le opere si trovano e sono esposte nelle collezioni e nelle esposizioni” e spiega che “il commercio delle opere ne cura il mercato”.[6] Inoltre, come non vedere l’assimilazione delle opere d’arte a qualunque altra merce nella constatazione che “le opere sono spedite come il carbone della Ruhr e il legname della Selva Nera”? [7] Si direbbe proprio che l’economia politica sia stata un’occasione offerta dal bosco anche ai passi del filosofo. Che poi Heidegger abbia disdegnando imboccare questo sentiero portandosi sottobraccio un quadro con le scarpe, non farebbe altro che avvalorare il fatto che, gira gira, un certo tipo di filosofia torna sempre sui propri abituali tragitti – e anche in Derrida la merce, dopo aver fatto capolino con la sua testa di feticcio, si ritirerà in buon’ordine… L’osservazione di Schapiro dalla quale siamo partiti ha portato il paio di scarpe contese e il quadro stesso che le rappresenta nelle braccia della merce e ai piedi di Vincent, ovvero decisamente fuori portata dalla piccola economia agraria e del suo tardo mondo agreste e feudale… |
[1] - Schapiro, L’oggetto…, cit. p. 203.
[2] - “La contadina, invece, porta semplicemente le sue scarpe. Se almeno questo ‘semplice portare’ fosse davvero semplice!”, dice Heidegger (Origine Ni68, p. 19). [3] - “…si può dire che la categoria più semplice può esprimere i rapporti predominanti in un insieme meno sviluppato oppure i rapporti subordinati in un insieme più sviluppato… Il lavoro (merce) sembra una categoria del tutto semplice. Anche la rappresentazione del lavoro (della merce) nella sua generalità – come lavoro in generale (come merce in generale) – è molto antica. E tuttavia, considerato in questa semplicità dal punto di vista economico, ‘lavoro’ (‘merce’) è una categoria tanto moderna quanto lo sono i rapporti che producono questa semplice astrazione.” [Marx, Lineamenti, cit. p. 29 e 30 - parentesi nostre]. [4] - Origine Ni68, p. 19. [5] - Ivi. [6] - Heidegger, Origine Ni68, p. 25-26. [7] - Ivi , p. 5. [8] - Nell’eventualità dovessero mancarne di più calzanti, ecco una situazione per prendersi il pretesto d’imboccare, con tutte le scarpe, il sentiero del feticismo. Dice Derrida: “Sembrerebbe quasi che si voglia dire la verità a proposito del feticcio. Dobbiamo avventurarci anche noi in questa impresa?” (Restituzioni, cit. p. 255 passim). La scarpa-reliquia (Gauguin) sarebbe forse piuttosto un “feticcio”? |
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VALIGIE |
parte seconda H.D.S. MAROQUINERIES
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